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Lettera del Vicariato agli insegnanti di Religione: tutti in piazza contro la “cultura gender”

Lettera del Vicariato agli insegnanti di Religione: tutti in piazza contro la “cultura gender”

Tratto da: Adista Notizie n° 22 del 20/06/2015

38160 ROMA-ADISTA. È legittimo che il Vicariato di Roma «anche a nome del cardinal vicario» scriva ai docenti di religione cattolica, che insegnano (anche e soprattutto) nella scuola pubblica statale, per invitarli a prendere parte ad una manifestazione di carattere politico?La domanda sorge – e non è la prima volta di un simile interrogativo (qualcuno ricorderà la lettera ai docenti di religione cattolica milanesi in cui si chiedeva di segnalare alla Curia le scuole che sostenevano la cosiddetta ideologia gender, poi sconfessata dal card. Angelo Scola) – leggendo la lettera (PROT. IRC 1453/2015) firmata il 5 giugno scorso da don Filippo Morlacchi, direttore dell'Ufficio per la pastorale scolastica del Vicariato di Roma ed inviata a tutti i docenti di religione cattolica della diocesi. 

In apparenza si tratta della tradizionale lettera di fine anno scolastico, in cui si invitano gli insegnanti a partecipare alle assemblee conclusive che si svolgeranno, per ogni ordine di scuola, presso il seminario maggiore, si ricordano alcuni appuntamenti legati alla formazione, si rivolgono saluti ed auguri in vista dell’estate. Poi però, al punto 3, don Morlacchi scrive esplicitamente: «Desidero ancora comunicarle che sabato 20 giugno, alle ore 15.30, è stato organizzato un corteo da piazza della Repubblica a piazza san Giovanni in Laterano per contestare il disegno di legge Cirinnà (su matrimonio e adozioni di coppie omosessuali) e il disegno di legge Fedeli (che, nonostante l’apparenza di doverosa tutela delle “pari opportunità”, mira ad introdurre organicamente nelle scuole l’educazione sessuale secondo la gender theory). Il Vicariato di Roma non è tra i promotori ufficiali dell’iniziativa, ma la appoggia, conoscendo bene il significato dei disegni di legge ricordati: perciò, anche a nome del cardinale Vicario, vi esorto a partecipare a questa mobilitazione, quantomeno per esprimere che i temi sensibili dell’educazione non possono essere imposti dall’alto. È giusto che il coinvolgimento pubblico degli insegnanti non si limiti a contestare scelte di natura amministrativa o economica, come recentemente è accaduto, ma si manifesti anche quando si tratta di temi squisitamente educativi, certamente non meno importanti».

Family gay

Quella del 20 giugno a Roma è una mobilitazione a difesa della famiglia “tradizionale”, un evento organizzato dal “Comitato difendiamo i nostri figli” – sigla che si autodefinisce “apartitica e aconfessionale”, dietro la quale ci sono diversi esponenti della destra cattolica (il portavoce, il neurochirurgo Massimo Gandolfini, è quello che alcune settimane fa disse che i suicidi gay sono causati da un «disagio identitario» e che per prevenirli occorre «spingersi verso l’eterosessualità») – per denunciare la pericolosa invasione della cosiddetta ideologia gender, al grido di slogan del tipo “i figli non si pagano”, “gli uteri non si affittano”, “non esiste il diritto al figlio”, “il gender nelle scuole violenta i più piccoli e li danneggia nella fase della crescita”, “l’omosessualità non è una pulsione determinante e definitiva della persona e non è una variante del comportamento umano”, ecc.

L’occasione della manifestazione è la protesta contro il disegno di legge sulle cosiddette “unioni civili”, proposto dalla senatrice democratica Monica Cirinnà, che non istituisce alcun matrimonio gay, ma equipara nei diritti e nei doveri le famiglie gay e lesbiche a quelle regolarmente sposate.

La memoria va al "Family Day", la mega kermesse contro i Di.Co organizzata nel 2007 dal Forum delle Associazioni Familiari, cartello dietro il quale operava l’ala destra della gerarchia ecclesiastica ancora egemonizzata dal card. Camillo Ruini. Oggi gli organizzatori preferiscono non fare paralleli con quella manifestazione, anche per i numeri che prevedibilmente saranno molto più contenuti rispetto a quelli di otto anni fa. Anzitutto perché le condizioni in cui si svolgerà questa nuova kermesse sono nettamente cambiate, sia a livello sociale che culturale. Oggi anche Paesi cattolicissimi come l’Irlanda sono disposti a dire sì alle nozze gay. Negli Stati Uniti – che attendono sulla questione un pronunciamento della Corte Suprema – il 57% dei cittadini (mai percentuale è stata così alta) si è dichiarato favorevole al matrimonio omosessuale. Ma il papa, che pure ha più volte sostenuto di voler superare il rigido orizzonte dei “valori non negoziabili” sul tema dell’omosessualità ha assunto atteggiamenti ambigui. E nella Chiesa italiana poco sembra essere cambiato dai tempi di Ruini. 

Scongiurare il flop

Ciò detto, negli ultimi giorni dentro la destra ecclesiastica è febbrile l’attivismo per cercare di portare in piazza il maggior numero possibile di persone, insegnanti di religione cattolica inclusi. Perché il rischio che si paventa è quello di un mezzo flop. Non si sono formalmente pronunciate, o si sono sfilate dall’evento, diverse realtà del cattolicesimo organizzato come Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Acli, Rinnovamento nello Spirito Santo. Si è in parte sfilato anche il Forum delle Associazioni Familiari, che racchiude in sé moltissime sigle cattoliche, che si occupa da sempre di “gender” e che pure nei giorni scorsi ha pubblicato una lettera aperta ai parlamentari contro il ddl Cirinnà. In una nota il presidente Francesco Belletti ha spiegato: «Abbiamo scelto di non aderire direttamente come Forum. È un evento di famiglie, a favore della famiglia, e la presenza di sigle sembrerebbe voler condizionare ciò che appare una diretta espressione di cittadinanza attiva. Anche i membri del Comitato promotore sono in effetti presenti a titolo personale». Una strategia, insomma, per evitare di essere travolti in caso di insuccesso della manifestazione e che pare essere stata condivisa da molte realtà del cattolicesimo associativo e di movimento. 

Ad aderire risolutamente sono state poche sigle, peraltro molto connotate in senso politico-ecclesiale (e questo peserà senz’altro sulla capacità “attrattiva” dell’iniziativa), come Alleanza Cattolica, Movimento per la Vita e il Movimento Famiglie numerose. A sostenere con convinzione la manifestazione anche il Cammino Neocatecumenale, l’unico che potrebbe garantire una qualificata presenza in piazza.

In questo contesto si colloca l’esplicito sostegno dei media ecclesiastici, Avvenire, Sir e Radiovaticana in testa, e iniziative come quella del direttore dell'Ufficio per la pastorale scolastica del Vicariato di Roma, don Morlacchi.

Certo, la contraddizione che emerge dai contenuti della lettera è la stessa che da sempre caratterizza l’insegnamento della religione cattolica nel nostro Paese, quella per cui gli insegnanti sono designati (ed eventualmente rimossi) dalle Curie, ma pagati ed inquadrati in ruolo dallo Stato. In virtù del loro ruolo “istituzionale”, oltre che della loro autonomia, non andrebbero forse convocati in piazza dal proprio datore di lavoro. Eppure, proprio le dinamiche degli ultimi anni, man mano che il senso comune e le leggi procedono verso un percorso di progressiva laicizzazione e secolarizzazione (in cui il nostro Paese resta comunque molto indietro rispetto al resto d’Europa), hanno indotto la Chiesa italiana – nonostante papa Francesco (o con il papa che consente di occultare abilmente questa strategia) – ad assumere posizioni di dura intransigenza, che si riflettono però anche in quei luoghi, come la scuola, che richiederebbero prudenza e rispetto delle posizioni individuali.

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