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Dopo 14 anni, dimesso dallo stato clericale il vescovo belga che abusò del nipote

Dopo 14 anni, dimesso dallo stato clericale il vescovo belga che abusò del nipote

Tratto da: Adista Notizie n° 12 del 30/03/2024

 

41807 BRUGES-ADISTA. Ci sono voluti ben 14 anni perché ricevesse una condanna dal Vaticano mons. Roger Vangheluwe, già vescovo di Bruges, in Belgio, dimessosi nella primavera del 2010 dopo aver pubblicamente confessato di aver abusato per 13 anni di un ragazzo, suo nipote, sia prima che dopo essere nominato vescovo. La condanna è arrivata il 21 marzo, quando papa Francesco, che ha ereditato questo dossier da Benedetto XVI, ha comminato al vescovo emerito, ormai 87enne, la dimissione dallo stato clericale. Una vicenda, quella di mons. Vangheluwe, che trascinò con sé il più noto card. Gotfried Danneels (1933-2019), già primate della Chiesa belga, che venne accusato di sapere e non avere fatto nulla. Danneels negò (v. Adista Notizie n. 71/2010).

La protezione del card. Danneels

In relazione al caso Vangheluwe la posizione di Danneels apparve subito compromessa: la registrazione di due incontri avvenuti tra il cardinale, il vescovo e la vittima, effettuata da quest’ultimo all’insaputa dei suoi interlocutori e in seguito riportata dai quotidiani belgi De Standaard e Het Nieuwsblad (11/9/2010) è estremamente significativa a questo proposito. Si sarebbe trattato di “incontri di mediazione”, avrebbe spiegato Danneels, ma la trascrizione del primo dialogo, tra l’ex arcivescovo e il nipote di Vangheluwe, diceva ben altro: Danneels esortava l’uomo – che, dopo decenni, schiacciato dal peso portato nel silenzio, aveva trovato il coraggio di parlare – a non denunciare lo zio, ad attendere almeno il 2011, quando Vangheluwe avrebbe dato comunque le dimissioni per raggiunti limiti d’età. Vangheluwe confessò poi di lì a poco, braccato dalle pressioni di chi gli era vicino, ma Danneels lo protesse fino all’ultimo, arrivando persino a dare “avvertimenti” al nipote: “Potresti pentirtene”; “il tuo nome sarà divulgato, sarai trascinato nella bufera”. Di fronte alla richiesta dell’uomo di assumersi la responsabilità e di fare qualcosa, Danneels affermava di non potere fare nulla perché «solo il papa» poteva intervenire con un vescovo. Era l’epoca pre-Vos estis lux mundi, il documento varato nel 2019 da Francesco per costringere i vescovi a denunciare i loro confratelli accusati di abusi. Azioni come quelle perpetrate da Vangheluwe, continuava Danneels, «sono sempre esistite ed esisteranno sempre, e non solo nella Chiesa, sai. È molto grave e lo sarà sempre, non cambierà nulla». Ciò che propose, fu che il vescovo fosse spinto a pentirsi: «Col tuo consenso gli darò l’assoluzione».

In un secondo incontro, cui partecipò lo stesso Vangheluwe, prostrato e pentito, per Danneels era «già molto importante che egli ammetta chiaramente che ciò che ha fatto è molto grave e che chieda subito il perdono. È un grande passo. Forse sarebbe positivo se lo rifacesse in presenza di tutta la famiglia, così che tutti lo sentano». Ma alla famiglia, lacerata e sconvolta, non basta: Vangheluwe non può farla franca così, deve dare le dimissioni. Che arrivano due settimane dopo.

Vangheluwe non sarebbe poi stato perseguito penalmente perché i reati erano caduti in prescrizione, ma arrivarono presto nuove rivelazioni (Het Laatste Nieuws, 16/9/10) da parte di un altro nipote dell’ex vescovo, poi ascoltato dagli inquirenti. Sta di fatto che Benedetto XVI non stabilì di dimettere l’ex vescovo di Bruges dallo stato clericale; in una dichiarazione diffusa dalla newsletter della Chiesa belga Cathobel (16/9/10), l’allora portavoce della Sala Stampa vaticana p. Federico Lombardi spiegò che la decisione riguardante il suo status non era stata ancora presa». In tutti questi anni, non è successo assolutamente nulla, e Vangheluwe non ha perso i suo diritti né di vescovo né di prete.

Il ruolo del governo belga

Quattordici anni dopo quei fatti, dunque, la Nunziatura apostolica in Belgio informa il 21 marzo 2024 che papa Francesco ha dimesso Vangheluwe dallo stato clericale, ma solo perché nel corso degli ultimi mesi sono emersi «nuovi gravi elementi» (a quanto sembra si parla ora di detenzione di materiale pornografico) riportati al Dicastero per la Dottrina della Fede, il quale ha ritenuto di procedere a un riesame.

Secondo quanto riferisce korazym.org (21/3), lo scorso febbraio, il ministro della Giustizia del Belgio, Paul van Tigchelt, aveva affermato che «questi nuovi elementi devono essere sufficienti. Abbiamo informato il papa che può scrivere ufficialmente alla Procura federale e che siamo disponibili a condividere documenti. È ora di concludere la storia e poi mettere a tacere quest’uomo. La sofferenza per le vittime è durata abbastanza a lungo». Il Nunzio apostolico in Belgio, mons. Franco Coppola, dopo un incontro con Francesco il 10 febbraio, aveva fatto sapere che Roma avrebbe chiesto ai vescovi del Belgio di inviare un rapporto con i «nuovi elementi»; Coppola ha incontrato il ministro della Giustizia del Belgio, che avrebbe chiesto al procuratore di trasmettere i relativi documenti al Vaticano.

Di qui la nuova indagine del Dicastero per la Dottrina della Fede, che ha preso visione della difesa di Vangheluwe e, l’8 marzo, «ha presentato la documentazione al Santo Padre, proponendo la dimissione dallo stato clericale, in conformità all’Art. 26 delle norme Sacramentorum sanctitatis tutela», il Motu proprio di Giovanni Paolo II del 2001 sui delicta graviora riservati alla (allora) Congregazione per la Dottrina della Fede, poi aggiornato nel 2010 da Benedetto XVI e nel 2021 da Francesco.

La Nota della Nunziatura Apostolica informa inoltre, korazym.org, che Francesco, durante l’udienza dell’11 marzo 2024 al Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede card. Víctor Manuel Fernández, «ha accettato la richiesta, ordinando che la pena proposta fosse imposta». Di qui la notifica all’interessato che «ha chiesto di poter risiedere in un luogo di ritiro, senza più alcun contatto con il mondo esterno, al fine di dedicarsi alla preghiera e alla penitenza». Francesco «ribadisce la sua vicinanza alle vittime di abusi e il suo impegno affinché questo flagello sia sradicato dalla Chiesa».

Si conclude così una annosa vicenda, in conseguenza della quale i vescovi del Belgio e lo stesso governo del Paese avevano tentato di privare Vangheluwe del titolo episcopale: il vescovo di Antwerpen, mons. Johan Bonny, gli aveva chiesto di rinunciare ai suoi titoli, il papa ora ha preso una decisione lungamente attesa. In un post su X, il primo ministro belga Alexander De Croo ha denunciato lo scandaloso ritardo. «Ho esortato ancora una volta il Vaticano a ritirare il titolo di vescovo a Roger Vangheluwe. È importante per le vittime», ha scritto.

Un ritardo scandaloso

Ora Vangheluwe si trova nell’abbazia a Solesmes, in Francia. In quanto laico, è in realtà libero, ma l’abbazia ha acconsentito a che resti lì in isolamento.

I vescovi del Belgio, in un comunicato sul sito della Conferenza episcopale, esprimendo la speranza «che lo faccia davvero», affermano di avere richiesto questo provvedimento «più volte negli ultimi anni», avendo sempre ritenuto «insieme alle vittime degli abusi e a molte altre persone della nostra società, che fosse vergognoso che Roger Vangheluwe fosse potuto rimanere ufficialmente vescovo e sacerdote, nonostante le misure molto restrittive messe in atto da allora». La laicizzazione è stata nuovamente richiesta nell'ottobre 2023: i vescovi «hanno esortato Vangheluwe a richiederla lui stesso e hanno nuovamente inviato il suo dossier canonico alle autorità vaticane. Questo file include la dichiarazione di una vittima che ha recentemente testimoniato formalmente contro Vangheluwe». I vescovi sperano ora «che la dimissione dallo stato clericale possa aiutare le vittime a riprendersi da questo abuso che segna così profondamente loro e i loro cari per tutta la vita».

Ancora una volta, insomma, è stata la pressione esterna, di media e istituzioni, a dare la spinta per la conclusione della storia. «Finalmente quello che sarebbe dovuto succedere molto tempo fa ora è successo. È normale che succeda, la domanda è addirittura perché sia successo solo adesso», ha affermato Marc Dewit, coordinatore del Gruppo di lavoro sui diritti umani nella Chiesa, che teme tuttavia che si tratti di una manovra diversiva: «Temiamo che ora i vescovi dicano “guardate cosa stiamo facendo, stiamo facendo il nostro dovere”». La cosa più importante, afferma, è quanto emergerà dalla commissione parlamentare d’inchiesta sugli abusi sessuali nella Chiesa in corso in Belgio, istituita dal Parlamento fiammingo lo scorso ottobre in seguito a una serie di documentari televisivi che hanno trattato anche il caso Vangheluwe. 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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