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Sinodo: su celibato, donne e laici, i vescovi belgi più lontani da Roma e più vicini a Berlino

Sinodo: su celibato, donne e laici, i vescovi belgi più lontani da Roma e più vicini a Berlino

Tratto da: Adista Notizie n° 9 del 09/03/2024

 

41777 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. I vescovi cattolici del Belgio rompono gli indugi in vista della fase finale del Sinodo sulla sinodalità indetto da papa Francesco e di fatto si allineano ai loro confratelli tedeschi nel chiedere profonde riforme nella Chiesa cattolica, a cominciare dal metodo. Basta unità a tutti i costi, se la diversità è davvero un valore, dicono, è normale che su certe tematiche vi siano sensibilità e scelte differenti. L’episcopato del piccolo Paese europeo sembra aver preso sul serio il criterio della sinodalità e della condivisione delle decisioni con tutto il popolo di Dio, così, aderendo alla richiesta proveniente dal Vaticano di riportare nelle Chiese particolari la discussione della prima fase dell’assemblea sinodale svoltasi nell’ottobre scorso a Roma: hanno prodotto un documento che ora sarà discusso a livello di base. Il feedback di questo nuovo ciclo di consultazioni proposto da Roma, deve essere presentato entro il 15 maggio 2024 alla Segreteria del sinodo in Vaticano.

L’unità non è sempre una virtù

Il testo dei vescovi belgi, fra le altre cose, chiede di procedere sul cammino del decentramento rispetto a temi controversi che trovano risposte diverse alle varie latitudini dell’orbe cattolico. Quindi si avanza la proposta di non stabilire né un divieto né un obbligo universali su temi come l’introduzione dei viri probati (laici di provata fede che possono sostituire i chierici nelle comunità in cui c’è scarsezza di sacerdoti), si chiede nello stesso modo di aprire una discussione sulle ordinazioni e responsabilità pastorali femminili e sul ruolo dei laici.

In generale, tuttavia, a colpire il già fragile naviglio sinodale è appunto l’impostazione che romperebbe l’unità granitica della Chiesa su diverse questioni dirimenti; emerge infatti quasi la richiesta rivolta alla Santa Sede, di ammettere l’impossibilità di procedere uniti fra episcopati nazionali e continentali (quando non fra gli stessi vescovi di un medesimo Paese), in relazione alle riforme attese ormai da decenni. Da una parte, in tal modo, i vescovi del Belgio infrangono il tabù dell’unità della Chiesa cattolica come valore assoluto e principio di governo (di cui è garante il papa), dall’altra tuttavia, la posizione dei vescovi belgi è grosso modo la stessa di quella intrapresa dal cammino sinodale tedesco diffidato più volte dal Vaticano dal voler procedere autonomamente sulla strada delle riforme.

Su un altro versante, va ricordato però che una dinamica simile è stata innescata dallo stesso Francesco con il documento Fiducia supplicans, con il quale si ammette la benedizione delle coppie omosessuali. In questo caso, sono stati i vescovi più conservatori a essersi ribellati e ad aver di fatto messo in discussione un pronunciamento della Santa Sede decidendo, con tanto di note ufficiali di diocesi o di intere conferenze episcopali, di non applicare il documento vaticano nei territori di loro competenza. Questo il quadro generale, ma vediamo da vicino cosa dice la Chiesa del Belgio.

In dialogo col mondo

Il testo parte da una sostanziale condivisione della sintesi conclusiva dell’assemblea sinodale dell’ottobre 2023 e propone alcune priorità per il prossimo e conclusivo appuntamento, a partire dalla realtà di un Paese dell’Europa continentale fortemente secolarizzato. «Il desiderio di una Chiesa più missionaria che vive e condivide la gioia del Vangelo si scontra frontalmente, nel nostro contesto – si afferma in proposito nel documento – con la questione di come sviluppare una nuova dinamica missionaria. Quale approccio, quale ancoraggio spirituale, quale formazione sono necessari? Come parte di questa ricerca generale, ci concentriamo qui su qualcosa di essenziale per noi». Nel merito: «Una Chiesa sinodale missionaria richiede un dialogo aperto che tenga conto degli attuali sviluppi nel mondo che ci circonda. La Chiesa non può accontentarsi di una strada a senso unico per annunciare la Buona Novella al mondo. In un dialogo aperto, la Chiesa ascolterà anche ciò che l'evoluzione della scienza, della cultura e della società possono insegnarle. Questa apertura non può essere liquidata come un “desiderio di adattarsi al mondo moderno” o come una “rinuncia all’identità per diventare rilevante agli occhi del mondo”. È necessario un dialogo aperto con il mondo, a partire dalla profonda convinzione che lì lo Spirito di Dio è misteriosamente all'opera». «Da tale discussione – prosegue il testo – anche la Chiesa può imparare qualcosa. Anche gli sviluppi sociali (in materia di diritti umani, democrazia e libertà moderne, ad esempio) incoraggiano la Chiesa a rivedere e/o arricchire alcune delle sue posizioni». Da qui una prima considerazione: «Nell'ambito del dialogo tra Chiesa e mondo, la Chiesa dovrebbe avere il coraggio di mettere in dialogo la sua/e Tradizione/i con le conoscenze attuali provenienti dalla ricerca teologica, filosofica e scientifica. Le tradizioni non dovrebbero essere vissute in modo statico ma dinamico».

Importante anche il passaggio seguente: «La domanda centrale in tutto questo è: le tradizioni della Chiesa rappresentano la migliore interpretazione possibile della Scrittura per le persone di oggi? Quale immagine dell'uomo, di Dio e del mondo emerge dalla lettura delle Scritture in dialogo con la teologia, la filosofia e le scienze contemporanee? Questa riflessione è essenziale per comprendere l'antropologia cristiana biblica e la dottrina della salvezza. Può anche avere importanti implicazioni per rispondere a molte domande etiche. Non chiediamo che questa riflessione venga approfondita durante il Sinodo».

No a divieti e obblighi

Quindi, dopo aver posto l‘accento sul principio dell’unità nella diversità e aver chiesto al prossimo sinodo di esprimersi su due aspetti chiave della questione, ovvero stabilire cosa unisce la comunità cattolica e quali sono le tematiche sulle quali una conferenza episcopale possa intervenire e compiere delle scelte, si legge: «Chiediamo che si realizzi il decentramento di alcune decisioni nella Chiesa, che consenta di cooperare nell'unità con la diversità legittima. Chiediamo che si concretizzi la “responsabilità” dei vescovi in una Chiesa sinodale».

Fra le priorità indicate dai vescovi belgi c’è, a questo punto, la questione femminile: «Cosa insegna la nostra società? La parità di genere, l’importanza delle pari opportunità tra uomini e donne. Queste non sono tendenze alla moda. Questi sono sviluppi che rafforzano la comprensione del Nuovo Testamento dell’uguaglianza tra uomini e donne in Cristo». Per questo «si pone la questione se anche le donne possano essere ammesse al ministero ordinato del diaconato. Chiediamo il via libera affinché le Conferenze episcopali o le Assemblee episcopali continentali possano adottare alcune misure. Pertanto, l’attribuzione di una crescente responsabilità pastorale alle donne e l’ordinazione diaconale delle donne non dovrebbero essere universalmente obbligatorie o proibite».

Inoltre, si spiega, «la responsabilità pastorale non è più svolta esclusivamente dai preti e dai diaconi. La nostra società ha grandi difficoltà ad assicurare la successione clericale al ministero ordinato. Anche l’obbligo del celibato per i sacerdoti e i diaconi rimasti vedovi solleva da tempo seri interrogativi. Alla luce di questi sviluppi, rileggiamo e rinnoviamo le nostre Tradizioni della Chiesa. Sentiamo il bisogno di riscoprire la natura simbolica e sacramentale del ministero ordinato. Il rapporto tra sacramento dell'ordinazione e responsabilità pastorale (finale) richiede ulteriori chiarimenti. Chiediamo che sacerdoti e diaconi assumano le loro responsabilità pastorali all'interno di équipes nelle quali anche i laici hanno il loro posto e il loro compito». «Chiediamo – si legge infine – che ciascuna conferenza episcopale o assemblea episcopale continentale adotti alcune misure in vista dell'ordinazione sacerdotale dei "viri probati". L’ordinazione sacerdotale dei “viri probati” non dovrebbe essere universalmente obbligatoria o proibita». Chissà, ora che i tedeschi non sono più soli, come reagiranno in Vaticano. 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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